L’era digitale ha trasformato profondamente non solo il nostro modo di vivere, ma anche ciò che lasciamo dietro di noi. Accanto a immobili, denaro e oggetti materiali, oggi il patrimonio ereditario comprende anche un insieme sempre più rilevante di beni digitali: account social, contenuti multimediali, criptovalute, profili e-commerce, dati personali custoditi nel cloud.
Tradizionalmente, il patrimonio trasmissibile per successione includeva beni tangibili e diritti patrimoniali. Oggi, però, è necessario ampliare l’interpretazione dell’articolo 810 del Codice Civile, includendo nel concetto di “bene” anche quelli digitali.
Rientrano in questa categoria:
Questi beni sono spesso gestiti da provider e piattaforme che ne regolano l’accesso secondo termini di servizio propri, non sempre compatibili con le norme italiane in materia successoria.
Uno dei maggiori problemi oggi è l’assenza di una disciplina normativa specifica sulla trasmissione dei beni digitali. Il legislatore italiano – e in generale quello europeo – non ha ancora predisposto una normativa organica che risponda efficacemente ai dubbi sollevati dalla successione digitale.
Per colmare questo vuoto, si fa affidamento su:
Il mandato post mortem rappresenta oggi una delle poche soluzioni concrete. Si tratta di un contratto con il quale un soggetto incarica un altro di compiere determinati atti giuridici dopo la sua morte.
Nel contesto digitale, questo strumento può servire a:
Alcune grandi aziende tecnologiche hanno già introdotto strumenti per affrontare la questione. Un caso emblematico è Apple, che consente ai propri utenti di nominare un erede digitale, autorizzandolo ad accedere ai contenuti del defunto, tra cui foto, documenti, email, note.
Tuttavia, queste soluzioni dipendono dalla volontà dell’utente in vita. In mancanza di una nomina preventiva, la trasmissione dei dati può diventare estremamente complicata, se non impossibile.
In assenza di norme civilistiche dettagliate, l’unico riferimento normativo applicabile oggi è l’art. 2-terdecies del D.lgs. 101/2018, che ha adeguato la normativa italiana al GDPR.
Tale disposizione stabilisce che i diritti relativi ai dati personali delle persone decedute possono essere esercitati da:
Questo articolo offre una base giuridica per chiedere l’accesso ai dati digitali del defunto, ma la sua applicazione non è sempre lineare e può richiedere l’intervento del giudice.
Tre provvedimenti recenti offrono importanti spunti interpretativi sul tema dell’eredità digitale:
Non si tratta solo di conservare ricordi o contenuti affettivi. La vita digitale può avere un valore economico considerevole:
Per questo motivo, trascurare la pianificazione della propria eredità digitale è oggi un grave errore, sia per le implicazioni economiche che affettive.
Ecco alcune azioni concrete che ogni persona può intraprendere per tutelare la propria eredità digitale:
La dimensione digitale è ormai parte integrante della nostra identità. Ignorare la questione dell’eredità digitale significa lasciare ai propri cari non solo un vuoto affettivo, ma anche un labirinto giuridico e burocratico.
Fino a quando il legislatore non interverrà con una disciplina chiara e completa, la prevenzione e la pianificazione restano gli unici strumenti veramente efficaci. Come ogni eredità, anche quella digitale merita rispetto, ordine e consapevolezza.
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