Cassazione sull'uso delle intercettazioni a mezzo captatore informatico in altri procedimenti

La sentenza n. 25401, depositata il 27 giugno 2024 dalla quarta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, ha delineato confini interpretativi cruciali riguardanti l'utilizzo delle intercettazioni tramite captatore informatico (cd. trojan horse)  in procedimenti diversi da quelli originari

Contesto e dettagli della sentenza

La fattispecie riguarda un procedimento penale iscritto prima del decreto legge 137 del 2023, entrato in vigore l'11 agosto 2023, che ha modificato l'articolo 270 del codice di procedura penale. La Cassazione è intervenuta su una questione legata al rigetto, da parte del Gip di Catanzaro, di una richiesta del P.M. di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere basata su due conversazioni effettuate tramite captatore informatico, disposte nell'ambito di un altro procedimento, a carico di diverso indagato.

Punti chiave della sentenza

  • Ambito di applicazione: i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico possono essere utilizzati in altro procedimento, purchè siano indispensabili ai fini dell'accertamento di uno o più dei gravi delitti di cui all'art. 266, comma 2 , codice di procedura penale (reati di terrorismo, criminalità organizzata et similia). Qualora si tratti di intercettazioni non tra presenti, realizzate anche mediante captatore informatico, troverà applicazione la clausola di salvezza contenuta nell'incipit dell'art. 270, comma 1 bis, del codice di procedura penale, che rinvia alle condizioni stabilite dall'art. 270, comma 1, del codice di procedura penale. 
  • Bilanciamento tra diritti: la scelta "restrittiva" del legislatore, a fronte della particolare invasività del captatore informatico che, in caso di conversazioni tra presenti, consente intercettazioni in incertam personam, è attuazione del bilanciamento di valori costituzionali tra loro contrastanti, quali, da un lato, il diritto dei singoli individui alla libertà e alla segretezza delle loro comunicazioni e, dall'altro, l'interesse pubblico a reprimere i reati e a perseguire coloro che delinquono.

Conclusioni

La sentenza della Cassazione, offrendo un'interpretazione esegetica chiara della disposizione di cui all'art. 270, comma 1 bis, del codice di procedura penale, la cui formulazione, invero, non è di agevole lettura, delimita il perimetro di utilizzabilità in altri procedimenti dei risultati delle intercettazioni tramite captatore informatico, nell'ottica del ragionevole bilanciamento tra diritti individuali e esigenze di giustizia. 

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